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“Risorse insufficienti per la sanità, Regioni messe al bivio”: Gimbe stronca la Manovra

Sanità“Risorse insufficienti per la sanità, Regioni messe al bivio”: Gimbe stronca la Manovra

ROMA – Nonostante gli aumenti effettivi previsti per la Sanità e “nonostante gli annunci”, la Manovra del governo “non prospetta alcun rilancio progressivo del Fondo sanitario nazionale, lasciando il Servizio Sanitario Nazionale con risorse insufficienti per affrontare le crescenti necessità di cittadini e professionisti”. Con queste parole Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, boccia di fatto il Ddl sulla Manovra 2025 rispetto agli stanziamenti previsti per la sanità. I numeri prevedono degli aumenti nel corso dei prossimi tre anni ,ma per l’analisi di Gimbe non bastano. Secondo il documento che dovrà essere approvato dal Parlamento, il Fondo Sanitario Nazionale (Fsn) raggiungerà 136.533 milioni di euro nel 2025, 140.595 milioni nel 2026 e 141.131 milioni nel 2027.

Su questo e di fronte quella che definisce una “girandola di numeri, spesso presentati ed interpretati in modo soggettivo o addirittura strumentalizzati”, la Fondazione Gimbe ha infatti condotto “un’analisi indipendente sui finanziamenti destinati dalla Manovra alla sanità, al fine di fornire informazioni obiettive, trasparenti ed utili ad informare il confronto politico e il dibattito pubblico in vista della discussione parlamentare”. A fronte delle risorse messe in preventivo per il prossimo triennio, Cartabellotta storce il naso: “Le risorse, destinate principalmente ai rinnovi contrattuali del personale, non consentiranno di attuare il piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri fortemente voluti dal ministro Schillaci, né tantomeno di eliminare il tetto di spesa per il personale sanitario, contrariamente a quanto previsto dal DL Liste di attesa”.

IL FONDO SANITARIO NAZIONALE

In dettaglio, gli aumenti effettivi previsti dalla Manovra sono: 4.062 milioni di euro nel 2026 (+3%), 536 milioni nel 2027 (+0,4%), 883 milioni nel 2028 (+0,6%), 1.062 milioni nel 2029 (+0,7%) e 1.173 milioni dal 2030 (+0,8%). ‘Di conseguenza- commenta il presidente- la Manovra, nonostante gli annunci, non prospetta alcun rilancio progressivo del Fsn, lasciando il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) con risorse insufficienti per affrontare le crescenti necessità di cittadini e professionisti’. Il trend del Fsn mantiene infatti l’andamento consolidato sino al 2026, per poi tornare a livelli del periodo pre-pandemia, spiega Gimbe.

“TRADITE LE ASPETTATIVE DI CITTADINI E PROFESSIONISTI”

Nelle conclusioni, la bocciatura complessiva della manovra: “Ancora una volta- conclude Cartabellotta- la Legge di Bilancio tradisce le legittime aspettative di professionisti sanitari e cittadini, oggi alle prese con un Ssn in grande affanno nel rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Soprattutto per la progressiva carenza di personale, in particolare infermieristico, che vive una stagione di demotivazione e disaffezione per la sanità pubblica senza precedenti. Dall’analisi delle risorse assegnate alla sanità emergono quattro punti estremamente critici. Innanzitutto la ‘cosmesi’ sul Fsn per il 2025, che tradisce ampiamente i proclami dell’Esecutivo: l’incremento reale è di soli 1,3 miliardi, rispetto ai 3,5 miliardi annunciati, rendendo impossibile soddisfare le richieste dei professionisti sanitari, che infatti hanno già annunciato uno sciopero per il 20 novembre. In secondo luogo, l’unico reale incremento di risorse è previsto solo nel 2026, quando lo Stato potrà disporre delle liquidità derivanti dalla sospensione del credito di imposta delle banche. Terzo, le risorse si disperdono in troppi rivoli, senza una chiara visione di rilancio del Ssn, con un numero eccessivo di misure rispetto alle risorse assegnate, a valere sul Fsn: una (non) strategia che finirà per mettere le Regioni davanti a un bivio, costrette a scegliere da quale lato ‘tirare’ una coperta troppo corta. Infine, non si intravede alcun rilancio progressivo del finanziamento pubblico che, dopo la ‘fiammata’ del 2026, torna a cifre da manutenzione ordinaria dell’era pre-pandemica”.

Infine, “nonostante la sanità pubblica sia oggi la vera emergenza del Paese, le scelte politiche rimangono inesorabilmente in linea con quelle degli ultimi 15 anni– tira le somme Gimbe- tutti i Governi hanno definanziato il Ssn e nessuno è stato in grado di elaborare un piano di rilancio del finanziamento pubblico. Un tradimento dell’articolo 32 della Costituzione e dell’universalismo, dell’uguaglianza e dell’equità, princìpi fondamentali del nostro insostituibile Ssn”.

IL 20 NOVEMBRE MEDICI E INFERMIERI IN SCIOPERO

“Ogni anno, puntualmente, la legge di bilancio si rivela una doccia fredda per la sanità pubblica, e quindi per i cittadini e per il personale sanitario. Quello di illudere pazienti e professionisti della salute con mirabolanti promesse per poi ritrovarsi con in mano un piatto di lenticchie è uno sport politico che non siamo più disposti ad accettare. E allo stesso modo risulta una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite mediche private, analisi, Tac e risonanze magnetiche che risultano inaccessibili nella sanità pubblica» dichiara Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed, federazione sindacale che rappresenta oltre 14.000 medici. Così “il 20 novembre, allora, medici e infermieri sciopereranno e manifesteranno a Roma perché sono stufi di proclami che, puntualmente, non hanno seguito- spiega Quici- Fare di tutto per spingere i medici ad abbandonare la sanità pubblica rappresenta un inaccettabile voltafaccia, o il frutto di un piano ben preciso volto ad arricchire – sulle spalle dei malati – il privato, le assicurazioni, le cooperative e le multinazionali della salute”.

Quindi, l’elenco di “almeno dieci ragioni” che hanno spinto il sindacato a proclamare lo sciopero. Tra cui: “Erano stati annunciati 3,7 miliardi per la sanità pubblica, il prossimo anno ne arriveranno 1,3, sufficienti a malapena a finanziare i rinnovi dei contratti del personale sanitario, lasciando dunque briciole al miglioramento dell’assistenza sanitaria offerta ai cittadini”. E ancora: “Erano state promesse 30mila assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, ma la legge di Bilancio non ne prevede alcuna. E senza assunzioni sarà impossibile ridurre il carico di lavoro dei dipendenti e migliorare quindi le condizioni lavorative negli ospedali, oggi inaccettabili”. In elenco infine anche il punto relativo alle criticità per le Regioni: “Erano state stanziate dallo Stato, negli anni passati, molte risorse in favore del personale sanitario, che tuttavia risultano ancora trattenute dalle Regioni. Non possono meravigliare, poi, le iniziative di alcune di esse che anticipano gli effetti dell’autonomia differenziata sul mercato del lavoro, elargendo premi di produzione extra contrattuali”. E conclude Quici: “Con questo scenario, non possiamo che condividere la scelta di chi decide di abbandonare la sanità pubblica“.

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