Una grande mostra in tre atti curata da Melania Gazzotti
Brescia, 15 set. (askanews) – Lo stile di Lorenzo Mattotti, fatto di una continua rigenerazione dell’immagine, mai ferma e mai completamente risolta nei canoni del realismo, è inconfondibile e, in un certo senso, accoglie lo spettatore dentro di sè, lo abbraccia. Per questo visitare la mostra che la Fondazione Brescia Musei gli dedica, con la curatela colta ed elegante di Melania Gazzotti, è un’esperienza che va oltre i confini dell’illustrazione per accogliere molte altre suggestioni, a partire dal costante riferimento al movimento. “Credo che il movimento faccia parte proprio del mio lavoro – ha detto l’artista ad askanews – l’idea della linea che si trasforma, il colore che non è mai fermo, l’idea di metamorfosi anche. Il disegno dà la possibilità con la linea di trasformare le forme, credo che il movimento faccia parte ormai della nostra percezione dell’immagine”.L’esposizione, intitolata “Storie Ritmi Movimenti”, si articola su tre sezioni: i lavori di Mattotti sulla musica; quelli dedicati al cinema – tra cui i manifesti per molti festival, compresa la Biennale di Venezia – e quelli ispirati al mondo della danza. E in molti casi sono opere che nascono in relazione ad altri artisti, siano essi poeti come Edgar Allan Poe, musicisti Lou Reed, o registi come Antonioni, o ancora i ballerini del Carnevale di Rio de Janeiro. “Io – ha aggiunto – ho avuto la fortuna di collaborare con queste grandi personalità e forse è proprio il fatto di dover lavorare con loro e provare che ero all’altezza della loro qualità mi ha stimolato molto, perché io da solo casomai sono molto pigro”.La mostra bresciana ospita poi anche un ‘opera inedita: un grande trittico di oltre quattro metri ispirato a una danza collettiva, un’opera affascinante e complessa, che oggi appare un po’ la sintesi delle suggestioni che l’esposizione ha così ben raccontato, partendo dagli studi più piccoli per arrivare poi alle grandi tele. “Riuscire a farle in grande è stato un piacere – ha concluso Lorenzo Mattotti – e mi viene voglia di approfondire ancora di più il tema perché piano piano possono diventare sempre più astratti, voglio portare al limite proprio il confine tra astrazione e figurativo, è una cosa che mi ha sempre affascinato”.Su questo confine, lungo il quale scorrono moltissime emozioni legate all’umano – dalla paura all’amore, dallo stupore alla felicità – l’arte di Mattotti trova il proprio punto mobile di equilibrio e si svela con tutta la forza del suo tratto e del suo colore, capaci di dare forma alla vita.